Europêche critica fortemente l'accordo raggiunto ieri sera dal Consiglio e dal Parlamento europeo sulla legge per il ripristino della natura, in quanto diverse preoccupazioni significative sul regolamento sono state ignorate dai responsabili politici
Europêche sottolinea che uno dei problemi fondamentali di questa legge è l'assoluta mancanza di una valutazione dell'impatto socio-economico. Infatti, la Commissione non ha fornito alcun dato concreto sui "costi e benefici" che questa nuova legge dovrebbe generare per gli Stati membri, gli ecosistemi marini e il settore della pesca. Al contrario, la legislazione si basa principalmente su guadagni teorici e potenziali benefici non documentati, che non costituiscono una base solida per la definizione delle politiche.
Daniel Voces, direttore generale di Europêche, ha dichiarato: "Il regolamento dovrebbe entrare in vigore solo quando la Commissione fornirà dati solidi e scientifici sull'impatto che la nuova legge avrà sulla disponibilità e sui prezzi degli alimenti, sui costi aziendali e sulle zone di pesca interessate. È un vero peccato che alla fine i politici abbiano deciso di non sostenere questo approccio".
In una pubblicazione, la Commissione riconosce che, in base alla Direttiva Habitat dell'UE, meno del 2% delle aree marine europee ha bisogno di essere ripristinato, per poi contraddirsi nello stesso documento e proporre di moltiplicare per un fattore 10 le aree da ripristinare (20% dei mari) senza alcuna giustificazione scientifica. Questa soglia va oltre l'obiettivo internazionale concordato a Kunming-Montreal (COP15 - CBD), mettendo ancora una volta la flotta peschereccia in una posizione di svantaggio competitivo. Di conseguenza, secondo Europêche, gli Stati membri spenderanno tempo e milioni di euro per identificare e ripristinare artificialmente aree che non ne hanno bisogno. Il settore subirà inoltre le conseguenze di ulteriori chiusure di aree non richieste.
Un'altra preoccupazione pressante è la mancanza di fondi supplementari per sostenere l'attuazione del regolamento. Il settore della pesca dell'UE è già sottoposto a pressioni significative per la decarbonizzazione, la riduzione dell'impronta ecologica e la sopportazione delle chiusure delle zone di pesca tradizionali. Aspettarsi che i pescatori raggiungano obiettivi irrealistici con finanziamenti limitati, soprattutto in un contesto economico difficile, è assurdo e controproducente. Voces ha commentato: "Le nuove ambizioni legislative richiedono finanziamenti adeguati. La proposta non garantisce la creazione di un fondo dedicato, senza il quale gli obiettivi saranno irraggiungibili e la politica fallirà. Dobbiamo ricordare che la pesca è molto particolare nell'utilizzo dei fondi e quindi questa mancanza non potrebbe essere coperta deviando i finanziamenti da altri settori".
Europêche è altrettanto preoccupata per l'esenzione delle industrie delle energie rinnovabili dal rispetto di alcune disposizioni di legge in materia ambientale. Voces ha commentato: "Questo approccio è spaventoso, soprattutto alla luce delle preoccupazioni ambientali irrisolte evidenziate dalla Corte dei Conti, per quanto riguarda le energie rinnovabili offshore. Inoltre, crea un campo di gioco iniquo per il settore della pesca, dal momento che entrambi i settori sono in competizione per lo spazio marittimo. Il campo di applicazione del regolamento è stato ampliato per coprire questa eccezione? Chiediamo un trattamento equo per tutte le economie blu".
Per Europêche il travagliato dibattito sulla nuova legge ambientale ha evidenziato il fatto che l'UE debba tornare a un modello in cui tutta la produzione alimentare primaria sia affidata a un commissario dedicato e ciò deve avvenire nel prossimo mandato della Commissione europea (2024-2029).